mercoledì, novembre 12, 2008

Non c'è nulla di più irritante che essere, per esempio, ricchi, di buona famiglia, dotati di bella presenza, di un'istruzione abbastanza buona, non stupidi, persino di buon carattere e nello stesso tempo non avere nessun talento, nessuna particolarità, neanche qualche stranezza, nessuna idea personale, ed essere decisamente "come tutti gli altri". Si ha la ricchezza, ma non si è dei Rothschild; la famiglia è perbene ma non si è mai distinta in niente, la presenza è gradevole, ma molto poco espressiva; il grado di istruzione è piuttosto buono, ma non si sa come metterlo a frutto; l'intelligenza c'è, ma è priva di idee proprie; il cuore c'è, ma non conosce magnanimità, e così via, per tutti gli altri aspetti della vita.
Questa gente è la stragrande maggioranza nel mondo e ce n'è persino più di quanta non sembri; la suddetta schiera si divide, come d'altronde tutto il genere umano, in due categorie primarie: della prima fanno parte gli uomini limitati; della seconda quelli "troppo intelligenti". I primi sono i più felici; per un uomo "ordinario", per esempio, non c'è niente di più facile che credersi un uomo fuori dal comune e originale e deliziarsi di ciò senza esitazione alcuna.

(tratto da L'idiota di Dostoevskij)

sabato, aprile 12, 2008










Sole che rendi più aspro il cammino,


per via delle crepe,


ci darai un'altra estate


ricca dei tuoi più limpidi colori...


Mare, mare....


Ivan Segreto - radici

domenica, marzo 09, 2008

Fuga dal tempo...

L'uomo d'oggi guarda ma non contempla,
vede, ma non pensa.
Rifuggendo dal tempo, che è fatto di pensiero,
non può sentire che il proprio tempo, il presente;
e anche di questo suo tempo non può sentire che come ridicole e anacronistiche
le espressioni del sentimento individuale.
(E. Montale)

martedì, marzo 04, 2008

I dubbi, i pentimenti, i rimpianti, i limiti del nostro cervello, della nostra esperienza,
della nostra ispirazione, della nostra fantasia, della nostra sensibilità....

Mi sento pigra, e più che pensare alle cose preferisco sentirle......

giovedì, febbraio 21, 2008

Cosa è un'isola. La metafora (prima parte)

L'isola è già di per sè una metafora. Di volta in volta è stata proposta come immagine della lontananza, della purezza, della libertà, della costrizione e dell'imprigionamento, dello stato di natura, dell'impervità, del laboratorio del possibile, del paradosso, dell'insolito, della fuga, della felicità e della bellezza realizzabili, della limitazione, della deprivazione, della vita da poter vivere, del premio raggiungibile. Immagini contrastanti, sempre capaci di evocare forti sentimenti, perchè la sua definizione avviene sempre in base ad elementi di forte contrastività. Si potrebbe affermare che un'isola è una realtà che non riesce mai a passare inosservata, in virtù del fatto che essa si definisce esattamente in rapporto a tutto quanto le sta intorno: essa si caratterizza in modo diverso rispetto a ciò che la circonda, stabilendone in qualche modo un nesso di continuità che la differenzia e la connota-denota, ma senza escluderla totalmente.
Così la montagna è un'isola quando sorge in pianura, un campo coltivato è un'isola quando intorno a sè ha la foresta, una terra emergente è un'isola quando intorno a sè ha l'acqua, l'acqua che rende possibile l'esistenza di una vera vegetazione rigogliosa è un'isola quando intorno a sè ha una terra arida. E un'isola viene costituita da una società che - per motivi etnici o culturali, o di diversa attività economica prevalentemente svolta, o linguistici, o religiosi etc. - si differenzia rispetto agli altri modi di essere società dell'altra gente che vive tutt'intorno.
Un'isola che non comporta, di per sè, l'aspetto dell'isolamento, che può però essere costruito, per motivi propri o a causa dell'atteggiamento mantenuto da chi vi sta vicino. Ed ecco perchè le isole vengono talora lette come archetipi dello stesso spazio immaginario, dello spazio non perfettamente conosciuto, della differenza e finanche dell'estraneità (ovvero dell'isolamento). E le isole vengono quindi descritte attraverso la metafora della grotta o talora attraverso quella della conchiglia, quella della pietra, del labirinto, del sole, del vulcano, del fuoco, dell'origine primigena.... Sono, in genere, metafore che collegano la visione delle isole a quella della staticità, della definizione già acquisita una volta per tutte, dei meri aspetti fisici e non anche di quelli sociali, culturali, psicologici, di proposività economica e politica, di dinamica sociale e di elaborazione/produzione di cultura. Talvolta si tratta di metafore che tendono pure a considerare il mondo come fatto di centri e di periferie, di un solido "continente" e di "isole" marginali, da esso in qualche modo dipendenti e ad esso coordinate.

[A. Merler, M.L. Piga, Regolazione Sociale, Insularità e Percorsi di Sviluppo, pp.33-34]